La vegetazione delle coste sabbiose, se presente, risulta sempre molto alterata. Solo in alcune aree del litorale Domitio, della piana del Sele e del Cilento si osservano lembi di vegetazione psammofila, anche se raramente la seriazione naturale viene conservata. Fortemente alterata risulta in particolare la zona dunale e retrodunale che nella maggior parte dei casi è stata interessata, a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, dall’urbanizzazione o da rimboschimenti a Pinus sp.pl. . Molto rari i casi in cui si osservano fitocenosi di grande interesse, come le comunità a Crucianella maritima e gli stagni effimeri caratterizzati da specie igrofile annuali come Isoëtes duriei, Juncus bufonius, Solenopsis laurentia.
Le foci fluviali sono spesso rovinate dalla eccessiva urbanizzazione e dagli interventi di bonifica; gli ambienti umidi salmastri e le fitocenosi ad essi associati sono scomparsi o fortemente danneggiati. Ultimo esempio di queste formazioni di grande interesse ecologico è rappresentata dalla foce del Volturno, dove sono ancora presenti lembi di fitocenosi adattate a forti concentrazioni saline e a periodiche inondazioni. Tra le alofite caratteristiche Juncus sp. pl., Salicornia patula, Salsola soda, Tripolium pannonicum. Questi ambienti ospitano moltissime specie a rischio di estinzione a causa delle trasformazioni subite dal territorio; tra queste Orchis palustris, ormai estinta in molte regioni. La vegetazione delle coste rocciose, invece, presenta aspetti di grande interesse ed ospita, specialmente su substrati calcarei, un’elevata concentrazione di specie rare e di elevato valore biogeografico. Sulle falesie costiere hanno trovato rifugio relitti delle flore che hanno caratterizzato le coste del Mediterraneo nelle fasi precedenti alle glaciazioni del Quaternario. Ricordiamo Primula palinuri endemita presente in Campania (coste meridionali del Cilento), in Basilicata e Calabria settentrionale; oppure Bassia saxicola (Guss.) A. J. Scott, specie descritta dal botanico irpino Gussone per Ischia, da dove risulta estinta probabilmente già dall’inizio del Novecento, e solo successivamente ritrovata a Capri e a Strombolicchio in Sicilia. La nostra recentissima scoperta (al momento inedita) di due nuove piccole stazioni nel promontorio di Palinuro, ribadisce l’importante ruolo della Campania nell’evoluzione della flora del Mediterraneo. Rilevanti dal punto di vista biogeografico sono anche le pinete spontanee che caratterizzano diversi tratti della costa rocciosa cilentana.
Le grandi pianure costiere di origine alluvionale presentano soltanto piccole superfici in grado di ospitare la serie dei boschi planiziali a Quercus robur, Carpinus betulus e Fraxinus angustifolia subsp. oxycarpa, come avviene in alcuni tratti del Volturno e sul Sele. Anche la vegetazione ripariale con Salix alba e Populus alba è limitata a stretti filari circondati da estese superfici coltivate. Nonostante ciò nel Cilento, nel bacino dell’Alento, si sono conservate interessanti cenosi a Platanus orientalis che raggiunge in Campania il limite settentrionale italiano. Allontanandosi dalla costa la serie di vegetazione principale ha come stadio finale di riferimento il bosco di leccio, accompagnato da caducifoglie come Fraxinus ornus. In questo tipo di bosco, a causa della densità e permanenza delle chiome in tutto l’arco dell’anno, gli strati arbustivi ed erbacei sono molto radi e poveri di specie; tra gli arbusti si osservano Phillyrea latifolia, Viburnum tinus e, nello strato erbaceo, Cyclamen hederifolium, C. repandum, Ruscus aculeatus. Frequenti le lianose (Rubia peregrina, Hedera helix, Smilax aspera). Queste foreste sono generalmente governate a ceduo (forteti) come sul M.te Massico, M.te Soprano–Vesole, M.ti Alburni, M.te Bulgheria; rari sono i casi di leccete ad alto fusto, come in alcuni tratti del litorale Domitio.
Molte delle aree di pertinenza di queste foreste sono attualmente occupate da stadi di degradazione arbustivi o erbacei derivanti prevalentemente da dinamiche post-incendio. Le cenosi alto- e basso- arbustive (macchia) sono caratterizzate da arbusti sclerofilli sempreverdi come Pistacia lentiscus, Myrtus communis, Rhamnus alaternus accompagnati, su substrati marnoso arenacei, da Erica arborea ed Arbutus unedo. Nel caso di incendi frequenti e violenti, queste formazioni sono sostituite da cespuglieti dominati dai cisti (Cistus monspeliensis, C. creticus subsp. eriocephalus, C. salvifolius), accompagnati da Ampelodesmos mauritanicus, una erbacea di grandi dimensioni. Gli spazi aperti sono occupati da praterie con numerosissime specie annuali che concentrano il proprio ciclo vitale nel periodo primaverile.